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Alfabeti della natura

Si è svolta dal 12 al 19 maggio 2018 alla galleria Marco Monti Arte di Monza la mostra fotografica Alfabeti della natura, 65 variazioni in bianco e nero sul tema del paesaggio invernale. Ciascuno nel suo modo personale, i tredici autori del gruppo Landscape Hunters hanno scelto di concentrarsi sull’essenza pura degli scorci naturali anziché sulla loro descrizione realistica. Consapevoli del fatto che il bianco e nero è, in fotografia, il più antico e suggestivo degli effetti visuali ma anche il più umile, hanno operato per ulteriore sottrazione, come a voler tradurre l’opulenza della materia in austerità francescana. Da questa visione un po’ filosofica e un po’ zen è scaturito un campionario di linguaggi fatti non solo di contrasto tra luce e ombra (i due eterni pilastri delle arti visive), ma anche di segni ridotti al minimo, evocativi di stati d’animo sospesi tra la leggerezza del sogno e l’acutezza dell’introspezione.
Tra i fotografi – Giorgio Amboldi, Elena Barsotelli, Mirko Bonfanti, Emanuela Baccichetti, Marco Bedin, Mauro Conti, Maria De Toni, Paolo Ghioni, Rocco Fanello, Massimo Magistrini, Gianfranco Pallanza, Guido Polli – anche Paolo Perego, presidente dell’associazione Don Giulio Farina beneficiaria del ricavato delle vendite. Esemplare l’allestimento di Nadia Villa.

Presentazione di Erminio Annunzi.

L’alfabeto: una delle più grandi conquiste dell’uomo, la base strutturale ed organica della scrittura, il modo più efficace per trasmettere, lungo il percorso del tempo, il pensiero umano.

Una prima forma estremamente semplificata di scrittura, non ancora strutturata in figura di vero e proprio alfabeto, è stata creata agli albori della nostra civiltà. I primi Homo hanno lasciato, impresse su pareti lisce di calcare e/o arenaria, i primi segni, embrioni di scrittura e al contempo di “fotografie”, che raccontavano esperienze di vita quotidiana insieme a sensazioni ed emozioni.

Molti millenni sono dovuti trascorrere prima che una civiltà, quella dei Fenici, realizzasse il primo alfabeto composto da 22 “segni” corrispondenti ad altrettante “lettere”, le quali – combinate tra loro – permettessero di creare parole dotate di senso compiuto.

A ben pensarci è sempre esistita un’altra realtà che aveva già prodotto un suo alfabeto, la Natura. Lettere e caratteri di una lingua a cui l’uomo ha attinto per compiere il suo percorso evolutivo.

Nel lavoro esposto in questa mostra, i fotografi hanno interpretato e tradotto, attraverso la propria sensibilità e cultura, i segni dell’alfabeto del creato naturale, realizzando un lavoro in cui la grafia del segno nativo si trasforma in parola, e la parola in un concetto che spiega la forza stessa di quell’organismo, la cui energia ha plasmato la nostra esistenza su questo pianeta, la Natura.

Nelle fotografie presentate si nota come l’uso del nero richiami direttamente l’uso della polvere di carbone presente nei primi disegni impressi sulle rocce dai nostri lontani antenati, come traccia indelebile di un linguaggio figurato, in grado di sollecitare la nostra curiosità e l’innato ed umano desiderio di capire ed evolversi.

E.A.